ARRIVEDERCI A CASA DEL SIGNORE AL PRIMO ISPIRATORE DELLA "GRANDE GUERRA"...ORMAI 12 ANNI FA. IL 3 MAGGIO HA LASCIATO QUESTO MONDO, CHE IL SIGNORE LO ACCOLGA!
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Don Giulio Bosco, sacerdote: 40
anni dopo la sua partenza da questo mondo vorrei parlare di ciò che ho incontrato
nell'ultimo anno della sua vita in terra, il 1981, fra la mia quarta e quinta Liceo
Scientifico, là dove Don Giulio insegnava. Impegnato in parrocchia, del Movimento
di Comunione e Liberazione non ho mai fatto parte “organicamente”, ma in
particolare in quel 1981 è stata forte la vicinanza, la frequentazione, l'amicizia
con molte persone del Movimento impegnate sul fronte del “sì alla vita” nel
referendum contro l'aborto. Focalizzerei in alcuni momenti la caratterizzazione
che io ho di Don Giulio. Grazie a vecchi diari posso collegare anche alcune
date precise.
31 maggio 1981: assemblea di CL sul post-referendum
all’Istituto delle Canossiane. Don Giulio non si tirava indietro, non era malato
di protagonismo, ma non tralasciava di mettersi in prima fila quando lo
riteneva necessario, credo proprio perché i fratelli se lo aspettavano lì. Come
sintesi di quel lungo incontro mi ero appuntato: “Un impegno nuovo”, credo sia
la sintesi di Don Giulio. Ma quello che mi è rimasto in mente è un particolare:
l’ospitalità data a due “amici di Alleanza Cattolica”, una realtà a quell’epoca
assolutamente ostracizzata, perché schierata a destra. Don Giulio, con grande
semplicità, ha fatto spazio anche a questi due ragazzi in nome del loro farsi
carico del valore della vita di quei bambini innocenti per cui avevano
combattuto pacificamente come noi. Una delle sue definizioni, semplici e
definitive: il valore è ciò che si ritiene vero.
31 ottobre 1981: mancavano ormai
due mesi alla partenza di Don Giulio. Insieme ad altri amici avevo organizzato
una “Assemblea degli studenti cattolici” fra gli entusiasmi di alcuni, la
tiepidezza e i distinguo di altri. Alla vigilia delle elezioni nelle scuole
superiori desideravamo trovarci come studenti legati appunto a varie esperienze
cattoliche, una cinquantina di ragazzi in una sala dell'oratorio del Carmine.
Si presenta anche Don Giulio, nessun problema per lui anche se era un incontro
tra ragazzi, grande gioia vederlo entrare e sedersi in fondo, nella penultima
fila, ascoltare i nostri ragionamenti sulle elezioni studentesche nelle scuole
in quel difficile autunno del 1981, dopo le legnate prese al referendum sulla
vita, durava ancora in Polonia l’epopea di Solidarność mentre in Italia montava
la campagna assillante del PCI e della sinistra contro l'installazione dei
missili nucleari. Verso la fine prende la parola Don Giulio, si cerca di arrivare a una sintesi e anche
quella volta enuncia punti molto semplici: voi vivete la scuola con un senso,
con un gusto, volete portare questa testimonianza della scuola? Presentatevi
per quello che siete, non c'è bisogno di censurarsi e neanche di ostentare
l'appartenenza cattolica, potreste usare come motto - non lo so – “Nella scuola
con la volontà di vivere” oppure “Gli studenti protagonisti di una scuola piena
di vita”. Così, quasi ricalcando le sue esatte parole, abbiamo presentato
alcune liste nelle scuole superiori di Pavia. A chi aprire eventualmente queste
liste? Lui aveva concluso il suo breve intervento con una frase definitiva:
tutti quelli che ci stanno. Il compito di riempire di vita la scuola era il
nostro, che portavamo un’esperienza forte e bella in noi.
Lo stile di Don Giulio: ascoltare
sempre le persone, in particolare i giovani, e insieme testimoniare con determinazione
ciò che “aveva riconosciuto come vero” cioè non solo i valori per cui battersi,
ma prima di tutto Gesù Cristo, incontrato nella Comunità e nella Chiesa, ciò che
aveva segnato la sua vita.
Di Don Giulio ricordo, ancora
prima, le Messe a San Giovanni Domnarum: l'altare antico, lui quindi consacrava
rivolto alla Croce, quel gigantesco Crocifisso sull'altare e la sua
capigliatura dell'epoca con quella… tonsura naturale, i capelli che si diradavano,
sapeva di antico. La forza delle sue omelie, che di “antico” non aveva nulla,
sapeva però di autorità, di autorevolezza nel porre l'esperienza, il Fatto
Cristiano. Annotazioni nei miei diari dopo quelle messe vespertine a volte
diventavano addirittura endecasillabi di saluti, auguri e preghiere per “gli
altri”: in quei brevi commenti al Vangelo lui si rivolgeva – attraverso i
ragazzi di CL lì presenti - anche ai lontani, cioè ci passava segni, messaggi, punti
di forza della Fede che naturalmente veniva di portare ad altri, anche i più
lontani.
Gli ultimi ricordi di Don Giulio
sono dell’autunno e incipiente inverno del 1981, all’uscita dal Taramelli,
verso casa sua lungo Corso Cavour, parlava di essere significativi e veri anche
nell’opporsi a quella campagna che non parlava davvero di pace, parlava solo di
opporsi all'installazione degli euromissili in Sicilia; ricordava le vittime
del sistema comunista di cui non si parlava mai nelle assemblee sulla “pace”. E
poi Piazza del Duomo, un dicembre gelido dentro e fuori, dopo il colpo di stato
in Polonia: la fine di Solidarność e tanti morti. Alla veglia di preghiera sui
gradini del Duomo ovviamente c’era anche Don Giulio, non si tirava indietro,
non veniva per fare lunghi discorsi, ma per essere con gli altri che pregavano,
rappresentare visibilmente il suo movimento. Sempre in quei giorni una
confidenza significativa ricevuta nel suo studio, l’unica volta che ci sono
entrato. Era l’anno della maturità, mi era venuta dal cuore una proposta, lui
insegnava filosofia e storia in quell'anno in un'altra sezione e non sarebbe
uscita filosofia come materia di maturità, ma gli proposi: “Se tu mi dai una
mano io porto filosofia come terza materia”. Una sfida verso una materia
studiata male e poco sopportata, ma che lui poteva aiutarmi a capire, capire
anche le “verità” ostili degli altri, che soprattutto nel programma di quinta
si studiano. In quell'occasione si parlava anche della presenza degli studenti
cattolici nelle scuole e lui mi disse, sorprendendomi – ma non più di tanto -
che per quei 30-40 ragazzi decisi a una presenza significativa nella scuola, si
sarebbe buttato a dare una mano a quello, responsabile o meno di CL.
L'ultimo incontro la vigilia di
Natale del 1981: stavo cercavo qualcosa per i miei genitori nella Libreria
delle Paoline. Ero chinato su uno scaffale basso quando entra Don Giulio, lo
vedo e scatto in piedi a salutarlo, il suo ultimo saluto è la sua ultima
battuta: “Marco, cosa stai facendo là sotto, stai cercando l'Assoluto?” Così ci
siamo salutati, chi l'avrebbe detto, l'ultimo saluto in terra.
Condivido volentieri questi ricordi per chi
non l’ha conosciuto. Ancora oggi – non posso telefonargli o fermarlo per
strada- cerco la sua compagnia, come quella di altri amici, da lontano, nella
semplice recita del Rosario: nella memoria, o nell’anima, risuona la sua voce
forte a iniziare il Padre nostro o l'Ave Maria e io semplicemente, come si
faceva coi genitori e le nonne da piccoli, rispondo.
2022...
Due anni di "dittatura sanitaria" ... e il peggio è non sentirla, far finta che non ci sia: qualche mese di limitazioni, qualche buco non richiesto, qualche bastoncino ficcato in fondo al naso...
Per molti è solo questo, forse non può essere che così: delle dittature leggiamo sui libri, ne mostrano caricature a tinte forti, ci piace esorcizzarle così.
Ma la dittatura è nel QUOTIDIANO, e più ci stiamo, più ci abituiamo: "bisogna pur vivere".
Così le catene si fanno strette, indistruttibili.
Era una triste sera di un maggio lontano, sanguinoso e bellissimo, quello dei miei 15 anni, in quel momento ho capito di non potermi illudere: o la combatti, o ne sei parte.
18 maggio 1978 - I senatori italiani, 160 contro 148, consegnavano l'Italia all' "aborto legale": nessuno era più sicuro, presto o tardi, piccolissimo o anziano, avrebbe potuto essere immolato ai demoni pagani dell'egoismo e del profitto, senza più garanzie, senza più "Stato di diritto" che ci difendesse.
Dittatura: o la combatti senza requie, o ne sei parte.
DESERTO
DI AVVENTO… 2020
Straordinario percorso in
questo "deserto di Avvento" il recupero delle vestigia del mio
passato, nella cernita di ciò che è duraturo e ciò che è caduco. Come il
rinnovarsi stagionale del fogliame, dei fiori, dei frutti maturati al Sole, e a
cui il Sole stesso ti chiama a rinunciare per un nuovo futuro, mentre un po'
più in Alto ciò che dura è la chioma antica, pungente ma sempreverde delle
pinete, il cui aroma ti chiama sempre più su, sempre più in là... E ciò che
resta non è la nostalgia, ma la presenza dei semi sbocciati o solo intravisti,
la forza della Verità insegnata o appresa, da maestri ricchi di dottrina
vissuta e praticata, o da intuizioni adolescenti lanciate intorno come il
profumo delle pinete... poche parole accompagnate dalla condensa del gelo e da
occhi lucidi per il freddo e per lo stupore dei doni di Dio. Le lunghe strade
in bici verso i luoghi dove riposano - donec veniat Consummatio - i resti di
amici e maestri, o dove l'Infinito ci ha sfiorato con la Mano buona di una
Madre, la ricerca di Verità laddove si celebra il Mistero della Redenzione,
drammatico e sanguinante speranza, in lingue amiche o di quel Mistero segno,
sono all'inseguimento della Luce. 30 km orari sono un frammento infinitesimo
della velocità della Luce, a sua volta segno dell'Infinito incommensurabile,
confine e curvatura di ciò che è visibile verso l'Eterno. Ma quella breve
andatura è quel che Dio ci chiede, per poter aggiungere al nostro nulla o quasi
il suo Infinito.
Un vecchio professore
a un’allieva geometra
che vuol fare la pettinatrice
(10 ottobre, memoria liturgica di San Daniele Comboni)
Gent.ma
sig.na (…)
L’altro giorno ero supplente nella tua classe. Sì, sono
rimasto senza la classe che ero più sicuro mi avrebbero lasciato portare avanti...
Beh, insomma, mi dicono che dei compagni dell’anno scorso te ne andrai solo tu:
parlano di un corso di pettinatrice o qualcosa di simile...
Mi spiace
molto, una delle teste più brillanti...
Non conosco e non voglio mettere il naso nei motivi, ma credo
che la tua scuola ci perda. Non so tu. Posso solo ricordarti quante cose
possono trovarsi al seguito delle "arti" apprese da geometra: credo
di aver sproloquiato un po' anche l'anno scorso su questo…
Oggi sul calendario trovo San Daniele Comboni: uno che 150
anni fa scommetteva sul Vangelo e sull'Africa, e in particolare sulle
"arti" che voleva passare ad "artigiani" africani in Africa, con cui poi trasformare
effettivamente l'Africa...
Cosa c'entra?! "Questo prof. è pazzo!" No. Proprio
un po' di tempo in Africa a me ha insegnato quanto preziose possono essere le “quattro
fesserie” (si fa per dire) apprese già in una seconda geometra…
Ad esempio, come piazzare un livello vicino a un pozzo e
girare il suo cannocchiale intorno ci aiuti a decidere dove costruire un
serbatoio, abbreviando di qualche settimana un lavoro essenziale per ridare
l'acqua potabile a un paesello disperso nella savana. Perfino un livello e un misero
geometra possono fare miracoli.
Spero che la vita non decida per te ma tu decida per la vita.
Punto. Io non cancello ex alunni dai “Contatti”. La scuola è sempre là, al
solito indirizzo, e il professore qua. Buon tutto.