domenica 17 dicembre 2017

Approvata la legge che apre all’eutanasia
Dichiarazione dell’Arcivescovo Giampaolo Crepaldi
 Giovedì scorso 14 dicembre il Parlamento italiano ha approvato la legge cosiddetta sulle DAT che apre all’eutanasia, persino in forme più accentuate che in altri Paesi. Durante la fase della discussione in Parlamento e nel Paese anche io, come vescovo e come presidente dell’Osservatorio Cardinale Van Thuân, ero intervenuto, insieme ad altri, come per esempio il Centro Studi Rosario Livatino, per mettere in evidenza la gravità del contenuto di questo testo di legge. Purtroppo ha prevalso un’ideologia libertaria e, in definitiva, nichilista, espressa in coscienza da tanti parlamentari. Così l’Italia va incontro ad un futuro buio fondato su una libertà estenuata e priva di speranza. Questa legge si aggiunge ad altre approvate in questa triste legislatura che hanno allontanato la nostra legislazione sulla vita e sulla famiglia dalla norma oggettiva della legge morale naturale che è inscritta nei nostri cuori, ma che spesso i piccoli o grandi interessi di parte e le deformazioni dell’intelligenza nascondono agli uomini. Coloro che con grande impegno stanno smantellando per via legislativa i principi della legge morale naturale, che per il credente è il linguaggio del Creatore, non sono però in grado di dirci con cosa intendano sostituirne gli effetti di coesione sociale in vista di fini comuni. La libertà intesa come autodeterminazione, che questa legge afferma ed assolutizza, non è in grado di tenere insieme niente e nessuno, nemmeno l’individuo con se stesso.
Preoccupa molto che in questa legislatura leggi così negative siano state approvate in un contesto di notevole indifferenza. Esprimo il mio compiacimento e sostegno per tutti coloro che si sono mobilitati, con la parola, gli scritti ed anche con le manifestazioni esterne, per condurre questa lotta per il bene dell’uomo. Devo però anche constatare che molti altri avrebbero dovuto e potuto farlo. Questa mia osservazione vale anche per il mondo cattolico. Ampie sue componenti si sono sottratte all’impegno a difesa di valori così fondamentali per la dignità della persona, timorose, forse, di creare in questo modo muri piuttosto che ponti. Ma i ponti non fondati sulla verità non reggono.
In momenti come questo può prevalere un sentimento di scoraggiamento. E’ comprensibile. Tutto si paga in questa vita e le pessime leggi approvate produrranno sofferenza e ingiustizia sulla carne delle persone. Si ha l’impressione di doversi ormai impegnare per ricostruire dalle basi un alfabeto che è stato disarticolato. Nel contempo, occorre anche ricordare che la storia rimane sempre aperta a nuovi percorsi e soluzioni e che nella storia ci si offrono sempre nuove possibilità di recupero e di riscatto. Recupero e riscatto che non ripagheranno, umanamente parlando, le ingiustizie provocate e subite, ma che permetteranno di non consentirne di nuove. Non dimentichiamo che c’è la storia, ma anche il Signore della storia. In Lui confidiamo per essere pronti alle nuove occasioni che Egli ci metterà davanti.
+ Giampaolo Crepaldi

lunedì 13 novembre 2017

Alla Direzione Nazionale dell'AGESCI

Spettabile Direzione Nazionale AGESCI
 Sono padre di 6 (sei) scout, che negli ultimi undici anni si sono avvicendati nelle varie branche del Pavia4. Vi scrivo avendo appreso la notizia che il sig. Marco Di Just è stato riconfermato fra i responsabili del reparto dello Staranzano1. Non occorre  richiamare i contorni della vicenda, che certo conoscete benissimo, nonostante il Vostro atteggiamento evasivo e pilatesco rispetto alle gravissime violazioni del patto associativo e dell'ispirazione cattolica dell'Associazione perpetrate nel gruppo goriziano. Non vale giustificarsi dietro le indicazioni ambigue o latitanti di pastori più preoccupati delle critiche del padrone del mondo che della Legge di Dio. La moneta con cui paga quel padrone è nota, e mai il misericordiosissimo Figlio di Dio usò espressioni più dure che contro chi "scandalizza uno solo di questi piccoli".  Viene il giudizio di Dio, anche quando quello degli uomini per timore o ignavia latita. Ciò vale per il sig. Di Just, per i suoi responsabili e per voi stessi. Che Dio vi illumini.

martedì 10 ottobre 2017

PIANO
PER LA RIGENERAZIONE DELL’AFRICA
PROPOSTO
DA DON DANIELE COMBONI
MISSIONARIO APOSTOLICO DELL’AFRICA CENTRALE
SUPERIORE DEGLI ISTITUTI DEI NEGRI IN EGITTO

QUARTA EDIZIONE

Verona
Tipografia Vescovile di A. Merlo
1871.


Rigenerazione dell’Africa coll’Africa

Un buio misterioso ricopre anche oggidì quelle remote contrade, che l’Africa nella sua vasta estensione racchiude. È bensì vero, che a squarciare un istante il denso velo, trasportando colà una scintilla di quell’incivilimento onde tanto si gloria la moderna società europea, furono diretti gli sforzi di governi civili e di private istituzioni: ma davanti all’insuperabile barriera, con cui par che natura sia concorsa a separare quell’inospite suolo dalla coltura del rimanente globo, tornarono vani tutti gli sforzi di tanti generosi, e senza alcun risultato, i più grandi loro sacrifizi. Provocate dall’idea di costringere anche in quelle sterminate regioni la natura a schiudere i vergini tesori delle immense sue produzioni al beneficio dell’umana famiglia, varie furono ad epoche diverse le spedizioni che si intrapresero, affine di raggiungere il sospirato effetto: ma i rischi d’ogni maniera e gli scogli insormontabili, a cui dovettero rompere gl’innumerevoli conati di quei magnanimi eroi, ne sgominarono le forze, e gettarono lo scoraggiamento, che li arrestò nel loro cammino.
Sennonché il cattolico, avvezzo a giudicare delle cose col lume che gli piove dall’alto, guardò l’Africa non attraverso il miserabile prisma degli umani interessi, ma al puro raggio della sua Fede; e scorse colà una miriade infinita di fratelli appartenenti alla sua stessa famiglia, aventi un comun Padre su in cielo, incurvati e gementi sotto il giogo di Satana in sull’orlo del più orrendo precipizio. Allora, trasportato egli dall’impeto di quella carità accesa con divina vampa sulla pendice del Golgota, ed uscita dal costato del Crocifisso per abbracciare tutta l’umana famiglia, sentì battere più frequenti i palpiti del suo cuore; e una virtù divina parve che lo spingesse a quelle barbare terre, per istringere tra le braccia e dare il bacio di pace e di amore a quegl’infelici suoi fratelli, sovra cui par che ancor pesi tremendo l’anatema di Canaam.
E di fermo, per tacere delle varie e molteplici Società ecclesiastiche ed Ordini religiosi, che nei secoli scorsi, benedetti dalla parola del Vicario di Cristo ed accompagnati dalle felicitazioni e preghiere di tutti i buoni, calcando le vie del deserto discesero ed entrarono nelle infuocate lande abitate dai Negri, allo scopo di piantare tra quelle genti abbrutite nel più abbominevole e miserando feticismo il vessillo della croce, la santità di Gregorio XVI di veneranda memoria sullo scorcio del suo pontificato fondava il Vicariato Apostolico dell’Africa Centrale, il più vasto del mondo, abbracciante una superficie due volte maggiore della colta nostra Europa. L’immortale Pio IX gloriosamente regnante, non meno caldo per le sublimi opere dell’apostolato, confermando i decreti del suo Predecessore, ne accomiatava i Missionari, i quali seguita la via del Nilo, nel 1848 penetravano nella novella Missione al loro zelo affidata, e si spingevano presso al 2°. gr. di L. N.
In questo campo vastissimo dischiuso alla carità dell’Evangelo, tra immensi disagi faticando, oltre a tre figli di S. Ignazio, molti degni sacerdoti della Germania Austriaca e Bavarese, e soprattutto del Tirolo tedesco, raccolti dall’Eccelso Comitato della Società di Maria, e dalle fervide sollecitudini del benemerito Professore Mitterrutzner, riuscivano a fondare lungo le spiagge del maestoso Nilo, che scorre fra il Tropico del Cancro e l’Equatore, quattro stazioni importantissime, fissando come centro di comunicazione la metropoli del Sudan egiziano, cui le condizioni politiche e la sua geografica posizione destinavano ad essere l’ultimo appoggio degli Europei, che in quelle remote parti si recano. Anche l’Istituto fondato in Verona dall’anima generosa, il cui nome sarà sempre in benedizione alla Chiesa di Cristo, di Don Nicola Mazza, concorse a portar l’obolo della sua carità a quei tapini nostri fratelli; e i nomi delle vittime alunni di questo Istituto, cui copre il tumolo della sabbia africana, consumati ostie pacifiche sull’altare della loro carità, lo ricorderanno mai sempre alla grata riconoscenza di coloro, che di nuovo si metteranno sulle lor vie. Da ultimo i Francescani, numerosa famiglia disposta forse più che altre per ispirito di propria vocazione alle più grandi privazioni della vita, sottentrarono nel lavoro di questa desolata vigna.
Sennonché, egli è pur d’uopo confessare, che, se da una parte tutti gli sforzi e le fatiche di questi valorosi campioni di Gesù Cristo raggiunsero l’estremo grado dei più poderosi conati, gli effetti ottenuti risposero nella proporzione dell’infinitesimo che si annulla; e forse come l’orma impressa nella polvere dal loro passaggio che si appiana al soffio degli uragani del deserto, i pochi germogli che pur attecchirono, innaffiati dal loro sudore e dal loro sangue, si disseccarono sotto l’ardore del più cocente fuoco delle passioni, più feroce della tropicale arsura, sotto cui giace la misera Nigrizia.
Noi, che facendo parte di quelle spedizioni apostoliche, fummo, la Dio mercé, nel novero dei pochissimi superstiti fra i cento e più che ci siamo lanciati in quella malagevole impresa, avendo attentamente studiato la natura, i costumi, e le condizioni sociali di quelle remote tribù, abbiam rilevato che la missione dell’Africa centrale presenta allo zelo apostolico l’immagine di bene agguerrita fortezza, che non si può vincere d’assalto, sebbene vuol essere espugnata coll’assedio. Ed invero, l’effetto del più poderoso assalto più volte reiterato con ben provvedute spedizioni cattoliche, terminò sempre col solo sacrifizio degli intrepidi assalitori. D’uopo è quindi prepararci energicamente alla tattica di un assedio e prendere le mosse collo stabilire ben sicure posizioni, che servano come di fortini e di approcci necessari allo scopo.
Una missione qualunque, perché le si possa guarentire la perpetuazione, abbisogna di un centro sicuro, da cui emani incessantemente lo spirito di vitalità che si diffonda vigoroso per tutto il suo organismo, ne assicuri l’esistenza, e ne coadiuvi il ministero; un centro vitale, che le somministri e le mantenga possibile la recluta annuale, onde si riforniscono le file dei missionari continuamente assottigliate dall’inclemenza dei climi, dalle fatiche, e dal martirio.
Questo centro di vitalità si presta opportuno in generale negl’Istituti e seminari d’Europa a beneficio delle missioni dell’Asia, dell’America, e dell’Oceania; essendovi tra l’Europa e queste tre parti del globo qualche omogeneità d’indole e di abitudini, od almeno tra l’uno e le altre, una potenza di comunicare ed una suscettibilità di ricevere perennemente e stabilmente le salutari impressioni della vita, che sui corpi dell’umana società suole infondere lo spirito del Vangelo. Ma questo centro benefico, donde emani quello spirito di vitalità cotanto necessario per la conservazione e perpetuazione delle missioni straniere, qui nell’Europa non può prestarsi per una via diretta ed immediata opportuno ed efficace per la conversione dei negri; stanteché l’esperienza chiaramente ha dimostrato che il missionario europeo non può prestare la sua opera di redenzione in quelle infuocate regioni dell’Africa interna esiziali alla sua vita, che non può reggere alla gravezza delle fatiche, alla molteplicità dei disagi, e all’inclemenza del clima; e del pari l’esperienza ha dimostrato che il negro nell’Europa non può ricevere una completa istituzione cattolica, da riuscir capace, per una costante disposizione dell’animo e del corpo, a promuovere nella sua terra natale la propagazione della fede; perché o non può vivere nell’Europa, o ritornato nell’Africa è reso inetto all’apostolato per le quasi connaturate abitudini europee contratte nel centro della civiltà, che diventano ripugnanti e nocevoli nella condizione della vita africana.
Noi, che più volte in quelle lande micidiali fummo pure colpiti e logorati da inesorabili morbi che ci tradusser sull’orlo del sepolcro, siamo testimoni oculari del fiero scempio che fecero dei più robusti missionari le fatiche, i disagi, ed il fatal clima africano; talmenteché quelli che sopravvissero al periglioso viaggio del Fiume Bianco, non appena coll’apprendimento della lingua di una tribù, ove si era piantata una stazione cattolica rendevansi idonei ad evangelizzarne quelle genti, soccombevano tosto ad una morte pressoché improvvisa, lasciando sempre sterile di frutto l’opera della conversione dei negri; i quali, per la sempre successiva e reiterata decimazione dei missionari, gemono ancora sotto l’impero del più degradante feticismo.
La Propaganda poi, alla quale son note tutte le istituzioni che impresero nell’Europa l’educazione d’individui della razza etiope, è in grado di confermare la verità dell’inefficacia ed inopportunità della creazione di un clero indigeno istituito nelle nostre contrade, e destinato ad evangelizzare il centro dell’Africa.
Davanti alla storia di questi fatti depositati dall’esperienza, gravemente commossa la Sacra Congregazione di Propaganda Fide, era ridotta, suo malgrado, alla dura necessità di abbandonare l’importante missione dell’Africa centrale, se non tornava possibile di trovare il modo di assicurarle un esito migliore per la conversione dei negri.
Ora la desolante idea di vedere forse per molti secoli sospesa l’opera della Chiesa a vantaggio di tanti milioni di anime gementi ancora nelle tenebre e nelle ombre di morte, dee ferire profondamente e fieramente straziare il cuore d’ogni pio e fedele cattolico infiammato dello spirito della carità di Gesù Cristo. Egli è perciò, che a secondare l’impulso di questa sovraumana virtù, e a dileguare per sempre dal filantropo cattolico il desolante pensiero di abbandonare avvolte nell’infedeltà e nella barbarie quelle vaste e popolate regioni, che sono senza dubbio le più necessitose e le più derelitte del mondo, è d’uopo deviare dal sentiero fino ad ora seguito, mutare l’antico sistema, e creare un nuovo piano che guidi più efficacemente al desiato fine.
Sovra un argomento sì rilevante noi abbiamo detto a noi stessi: “E non si potrebbe assicurar meglio la conquista delle tribù dell’infelice Nigrizia, piantando la nostra base di azione là dove l’africano vive e non si muta, e l’Europeo opera e non soccombe? Non si potrebbe promuovere la conversione dell’Africa per mezzo dell’Africa?” Su questa grande idea si è fissato il nostro pensiero; e la rigenerazione dell’Africa coll’Africa stessa ci parve il solo Programma da doversi seguire per compiere sì luminosa conquista. Il perché nella nostra debolezza ci siamo creduti lecito di suggerire sommessamente una via, sulla quale camminando, più probabilmente giungere all’alto scopo, dove d’altronde si appuntarono sempre tutti i pensieri della nostra vita, e pel quale saremmo lieti di versare il nostro sangue fino all’ultima stilla.
Noi osiamo appena con fronte riverente levarci dalla nostra pochezza alla discussione di un sì sublime cattolico problema, che forse stancò la mente dei più profondi pensatori. Ma ci sarà perdonato, se l’impeto del cuore, dove protestiamo di sentir forte il grido della miserazione, che verso di tutti noi mandano quegl’infelici figliuoli di Adamo e nostri fratelli, spingesse la mente fuor della linea della verità e della certezza. Il Piano che ci balenò nei momenti dei nostri più caldi sospiri verso quelle infelici regioni, tradotto nella sua pratica realizzazione, se non ha il vantaggio di raggiungere lo scopo colla celerità, onde in altre missioni gli apostolici operai mietono i frutti dei solo sudori, certo ha il suo indirizzo immancabile verso del medesimo; ed altro nella sua plenaria effettuazione non domanderebbe che l’abbreviazione di quei giorni, che Dio seduto sul trono della sua eternità ha numerato a raggiungerlo.
Non solamente i negri dell’Africa interna, ma quelli altresì delle coste e di tutte le altre parti della grande isola, benché spartiti in migliaia di differenti tribù, sono improntati più o meno della medesima indole, delle medesime abitudini, tendenze e costumi conosciuti abbastanza da coloro, che da lunga pezza occuparonsi del loro bene; e quindi pare a noi che la carità del Vangelo possa loro applicare comuni rimedi ed aiuti, che tornino efficaci a comunicare a tutta la grande famiglia dei negri i preziosi vantaggi della cattolica fede. Sembra quindi a noi opportuno, e diremmo quasi necessario, che fra i molteplici escogitati che si potrebbero mettere in opera a beneficio della rigenerazione dei negri, quello dovrebbe trascegliersi che riunisse in sé un’assoluta unità di concetto, accoppiata ad una generale semplicità di applicazione. E tale appunto ci sembrerebbe il piano, che noi abbiamo ideato per la conversione dei negri; piano che, quantunque vasto nella sua estensione e malagevole nella sua completa attuazione, ci apparirebbe tuttavia uno e semplice nel suo concetto e nella sua applicazione.
Questo novello piano quindi non si limiterebbe soltanto agli antichi confini tracciati della missione dell’Africa centrale, che abbiamo veduta riuscire infelicemente per le ragioni suesposte; ma abbraccerebbe tutta intera la stirpe dei negri: e perciò spiegherebbe e distenderebbe la sua attività su quasi tutta l’Africa, i cui paesi sono abitati dalla razza etiope.
Ora, quantunque la S. Sede apostolica non sia giammai riuscita a piantare stabilmente la fede nelle vaste tribù della Nigrizia centrale, tuttavia profuse le benefiche sue sollecitudini nelle isole e sulle coste che circondano la grande Penisola africana, ove fondò dodici Vicariati apostolici, nove Prefetture apostoliche, e dieci Diocesi fiorenti più o meno splendidamente. Vi sono infatti:
A settentrione: il Vicariato apostolico dell’Egitto affidato ai Reverendi Padri Minori Osservanti, e quello di Tunisi affidato ai Reverendi Padri Minori Cappuccini; le due Prefetture Apostoliche dell’Alto Egitto e di Tripoli affidate ai Reverendi Padri Minori Riformati, e quella di Marocco affidata ai Reverendi Padri Minori Osservanti della Provincia di San Diego in Ispagna.
A ponente: i tre Vicariati apostolici della Senegambia, di Sierra Leone, e delle Guinee affidati ai Reverendi Padri dello Spirito Santo e del Sacro Cuor di Maria, e quello di Dahomey affidato al Seminario delle Missioni Africane di Lione; le Prefetture Apostoliche del Senegal e del Congo affidate ai Reverendi Padri dello Spirito Santo e del Sacro Cuor di Maria, e quella di Annobon, Corisco e Ferdinando-Po affidata ai Reverendi Padri della Compagnia di Gesù.
A mezzodì: i due Vicariati apostolici dei Distretti Orientale ed Occidentale del Capo di Buona Speranza affidati ai Missionari del Regno Unito, e quello di Natal affidato alla Congregazione degli Oblati di Maria Santissima Immacolata di Marsiglia.
Ad oriente il Vicariato apostolico di Madagascar affidato ai Reverendi Padri della Compagnia di Gesù; la Prefettura Apostolica di Zanguebar affidata ai Reverendi Padri dello Spirito Santo e del Sacro Cuor di Maria; quella di Nossibé, S. Maria, e Mayotte affidata ai Reverendi Padri della Compagnia di Gesù; e quella delle Isole Seychelles affidata ai Reverendi Padri Cappuccini della Provincia di Savoia.
Al nord-est: il Vicariato apostolico dell’Abissinia affidato ai Reverendi Padri della Congregazione della Missione, e quello dei Galla affidato ai Reverendi Padri Cappuccini della Provincia di Francia.
Fra le dieci Diocesi poi fioriscono in peculiar modo a settentrione quella di Algeri, e ad oriente quella di Porto Luigi nell’Isola Maurizio, e quella di S. Dionigi all’isola della Riunione nell’Oceano Indiano. Egli è quindi naturale che per realizzare l’ideato piano, è duopo invocare l’aiuto e la cooperazione di codesti Vicariati, Prefetture e Diocesi già stabilite attorno all’Africa; le quali, mirando più davvicino la lagrimevole miseria e l’estremo bisogno delle immense popolazioni dell’interno, sulle quali non ancora brillò l’astro luminosissimo della fede, potranno concorrere validamente coll’autorità, col consiglio, e coll’opera, ad assistere ed agevolare la grande impresa della rigenerazione delle vaste e popolose tribù dell’intera Nigrizia.
Il piano quindi, che noi proponiamo è: la creazione di altrettanti Istituti d’ambo i sessi, che dovrebbero circondare tutta l’Africa, giudiziosamente collocati in luoghi opportuni alla minima distanza dalle regioni interne della Nigrizia, sopra terreni sicuri ed alquanto civilizzati, in cui potessero vivere ed operare sì l’europeo, che l’indigeno africano.
Questi Istituti maschili e femminili, ciascuno collocato e stabilito giusta le norme delle costituzioni canoniche, dovrebbero accogliere giovani e giovanette della razza negra, allo scopo di istruirli nella religione cattolica e nella cristiana civiltà, per creare altrettanti corpi d’ambo i sessi, destinati, ciascuno dalla sua parte, ad avanzarsi mano mano e distendersi nelle regioni interne della Nigrizia, per piantarvi la fede e la civiltà ricevuta.
A reggere questi Istituti sarebbero chiamati gli Ordini religiosi e le Istituzioni cattoliche maschili e femminili, approvate dalla Sacra Congregazione di Propaganda Fide, dietro il beneplacito di questa e l’accordo reciproco coi superiori generali di questi Ordini ed Istituzioni.
Questi Istituti sarebbero posti sotto la giurisdizione dei Vicariati e Prefetture apostoliche già esistenti sulle coste dell’Africa, o di quelle, che alla Sacra Congregazione di Propaganda Fide piacesse di fondare in seguito ai progressi dell’opera del nuovo Piano.
Il personale della Direzione di codesti Istituti governerebbero i corpi dei propri allievi etiopi secondo le regole e lo spirito della propria Istituzione, adattata all’opportunità ed ai bisogni dell’Africa interna; e si proporrebbe per ispecial fine la reggenza ed il buon andamento degli Istituti dei negri e delle negre, senza però trascurare di promuovere ed operare tutto quel bene, che potrebbe fare al paese, ove gl’Istituti sarebbero collocati.
All’oggetto di formare dei corpi di Missionari europei, per dirigere sulla base delle condizioni testè riferite gli africani Istituti, e per assumere altresì delle nuove missioni fra i popoli negri, si fonderanno in Europa dei piccoli Collegi per le missioni africane, affine di aprire la via dell’apostolato dell’Africa a tutti gli ecclesiastici secolari delle nazioni cattoliche, i quali fossero da Dio chiamati a sì sublime ed importante missione.
Rispettando pienamente la libertà ed il sistema di ciascun Ordine o Congregazione religiosa maschile e femminile, di educare gl’indigeni secondo le idee del proprio Istituto e di formarne a suo talento dei religiosi e delle religiose, noi osiamo esporre sommessamente il nostro giudizio, che in generale l’istituzione che dovrà darsi a tutti gli individui d’ambo i sessi appartenenti agli Istituti che circonderebbero l’Africa, sarà d’infonder loro nell’animo e radicarvi lo spirito di Gesù Cristo, l’integrità dei costumi, la fermezza nella Fede, le massime della morale cristiana, la cognizione del catechismo cattolico, ed i primi rudimenti dello scibile umano di prima necessità. Oltre a questo, ciascuno dei maschi verrà istruito nella scienza pratica agraria, e in una o più arti di prima necessità; e ciascuna delle femmine verrà del pari istruita nei lavori donneschi di prima necessità: affinché i primi diventino uomini onesti e virtuosi, utili ed attivi; e le seconde riescano pure oneste, virtuose ed abili donne di famiglia. Crediamo che questa attiva applicazione al lavoro, a cui vorremmo assoggettati tutti i membri degli africani Istituti influisca poderosamente sul morale e spirituale vantaggio degli individui della razza etiope, inclinata oltremodo alla pigrizia ed alla inazione.
Compiuta l’educazione religiosa e civile degl’Istituti, la Direzione a ciascuno degli individui d’ambo i sessi che uscirà dalla giurisdizione del proprio Istituto, farà tutto quel bene che starà entro i limiti del suo potere, prestandogli aiuto e consiglio perché sia posto in condizione da conservare i sani principi di religione e di morale che gli furono scolpiti nell’animo coll’istituzione ricevuta.
Da ciascuno di questi Istituti che circonderanno la grande Isola africana, si formeranno altrettanti corpi maschili e femminili, destinati a trapiantarsi gradatamente nelle regioni della Nigrizia centrale, affine di iniziarvi e stabilirvi l’opera salutare del cattolicesimo, e piantarvi delle Stazioni, dalle quali emanerà la luce della religione e dell’incivilimento.
Il Corpo dei giovani negri, formato degli individui che si giudicheranno atti al grande scopo, sarà composto:
1. di Catechisti, a cui si darà una più estesa cognizione delle scienze sacre.
2. di Maestri, a cui si darà la possibile istruzione nelle scienze di prima necessità adattabili ai paesi dell’Interno.
3. di Artisti, a cui si comunicherà la cognizione pratica delle arti necessarie e più utili alle regioni centrali, per formarli virtuosi ed abili agricoltori, medici, flebotomi, infermieri, farmacisti, falegnami, sarti, conciatori di pelli, fabbriferrai, muratori, calzolai etc. Questa classe degli Artisti formerà altresì degli onesti e virtuosi trafficanti per promuovere ed esercitare il commercio degli oggetti nazionali ed esotici più necessari alla vita, affine di crearvi mano mano ed introdurvi quella sorgente di prosperità, che sollevi i popoli negri dalla loro abbiettezza e languore alla condizione di nazioni civili
; sì che da tutti questi elementi dell’industria indigena sgorghino le fonti dei mezzi materiali, che sono atti a mantenere lo sviluppo delle missioni cattoliche nell’Africa interna.
Il corpo delle giovinette negre, formato parimenti degl’individui più atti al grande scopo, sarà composto:
1. di Istitutrici, a cui si darà la possibile istituzione nella religione e nella morale cattolica, affinché ne infondano le massime e la pratica nella femminile società africana, dalla quale, come fra noi, dipende in gran parte la rigenerazione della grande famiglia dei Negri.
2. di Maestre e donne di famiglia, le quali dovranno promuovere l’istruzione femminile in leggere, scrivere, far conti, filare, cucire, tessere, assistere agli infermi, ed esercitare tutte le arti donnesche più utili ai paesi della Nigrizia centrale.
Trapiantati mano mano questi drappelli da ciascuno dei diversi Istituti che circonderanno l’Africa nei diversi punti dei paesi dell’Interno, ciascun individuo, mentre presterà la sua opera a propagarvi la religione e la civiltà in cui venne a tal uopo istituito, ed a promuovere l’agricoltura in quei vergini terreni di libera occupazione, potrà abbracciare quello stato di vita, a cui si sentirà più inclinato.
Dalla classe dei Catechisti formata dal drappello dei giovani negri si caverà la sezione degli individui più distinti per pietà e sapere, nei quali si scorgerà una probabile disposizione allo stato ecclesiastico; e questa verrà destinata all’esercizio del divin ministero. Nell’istituzione di questa privilegiata sezione si escluderà la molteplicità delle materie, a cui si assoggettano gli alunni dei Seminari d’Europa; e si limiterà l’istruzione sulle discipline teologiche e scientifiche di prima necessità, sufficiente ai bisogni ed alle esigenze di quei paesi; e, calcolato il precoce sviluppo fisico ed intellettuale dell’indigeno africano, codesta istituzione non vorremmo già prolungata ai dodici e più anni stabiliti per l’Europa, ma brameremmo piuttosto limitata da sei agli otto anni, secondo che si giudicherà opportuno. Tuttavia la speciale condizione dell’incostanza e della mollezza che contraddistinguono l’indole ed il carattere della razza etiopica, dovrà imporre la più rigorosa cautela nel determinare agli aspiranti al Sacerdozio l’epoca della promozione agli ordini sacri; e noi siamo pienamente convinti, che sia assolutamente necessario di stabilire, che non si debbano promuovere che in seguito a parecchi anni di provata fermezza negli appresi principi, e nella condizione di un severo ed irreprensibile celibato, percorso nelle già stabilite stazioni dell’interno della Nigrizia. La medesima circospezione crediamo necessaria altresì per formare degli indigeni religiosi d’ambo i sessi di qualsiasi Ordine.
Dal drappello delle giovani negre, che non aspirassero allo stato coniugale, si caverà parimenti la sezione delle Vergini della Carità, formata degli individui più distinti per pietà ed istruzione pratica del catechismo, delle lingue, e dei lavori donneschi. Questa sezione privilegiata costituirà la più eletta falange della famiglia femminile, destinata a reggere le scuole delle fanciulle, a compiere le funzioni più importanti della cristiana carità, e ad esercitare il ministero della donna cattolica fra le tribù della Nigrizia.
In tal guisa, mercé il ministero importantissimo del Clero indigeno e delle Vergini della carità, coadiuvato dall’opera benefica dei Catechisti, dei Maestri, degli Artisti, delle Istitutrici, delle Maestre e donne di famiglia, si formeranno a poco a poco numerose famiglie cattoliche, e sorgeranno fiorite società cristiane; e la nostra santa religione dispiegando il salutare suo influsso sull’etiopica famiglia, stenderà grado grado il suo benefico impero sulla vasta estensione delle inesplorate regioni di tutta l’Africa.
Avendo l’esperienza dimostrato che la sola continuata permanenza nei paesi dell’interno, e non già una temporanea dimora è perigliosa ed esiziale all’europeo; perciò le fondazioni delle Missioni e delle Cristianità che si verranno in progresso di tempo a stabilire nei paesi dell’Africa interna, dietro il mandato dei rispettivi Vicari o Prefetti apostolici, saranno personalmente iniziate ed avviate dai missionari europei; i quali annualmente, o tra lo spazio di due anni, dovran mutarsi e succedersi a vicenda nel governo immediato delle missioni centrali, fino a che l’esperienza avrà dimostrato, che si potrà con sicurezza affidare a sacerdoti o catechisti indigeni di provata idoneità la permanente direzione delle Stazioni e Cristianità dell’interno, già iniziate ed avviate dai Missionari europei.
D’altro lato, le statistiche delle Missioni africane avendo dimostrato che la donna europea, attesa la vantaggiosa elasticità del suo fisico, l’indole del suo morale, e le abitudini del suo vivere domestico e sociale, resiste a gran pezza più del missionario europeo all’inclemenza del clima africano; perciò, dietro il giudizio ed il mandato dei rispettivi Vicari e Prefetti apostolici, si potranno stabilire degl’Istituti religiosi femminili d’Europa nei paesi dell’interno meno fatali alla vita dell’europeo, affine di prestare con maggiore efficacia i maravigliosi ed importanti servigi della donna cattolica, per la rigenerazione della grande famiglia dei negri.
Siccome l’indole ed il carattere della razza etiope è oltre modo variabile ed incostante, perciò crediamo opportuno e necessario che la S. Congr. di Propaganda Fide abbia ad autorizzare i Vicari e Prefetti apostolici di legittima giurisdizione a decretare frequenti Visite Apostoliche nelle missioni e cristianità stabilite nell’interno, affine di correggere confermare, e migliorare le condizioni del cattolicesimo in quelle perigliose contrade, ove sovente un turpe egoismo ed il fanatico furore dell’islamismo corrompe e devasta l’opera del sacerdozio cristiano, ed ove il tenore di vita, il clima, e molte altre speciali circostanze contribuiscono ad illanguidire col corpo lo spirito, ed a snervare la disciplina ecclesiastica con grave pericolo della fede; deputando a tale scopo idonei missionari europei, che senza rischio assoluto della vita, per la ragione suesposta, potranno compiere con grande vantaggio l’importante loro missione.
Allo scopo di coltivare gl’ingegni più distinti che avessero ad uscire dalla sezione dei Missionari indigeni per formarli ad abili ed illuminati capi delle missioni e cristianità dell’interno della Nigrizia, la Società destinata a realizzare e governare il nuovo Piano, in seguito ai progressi della grand’opera, potrà stabilire delle piccole Università teologiche e scientifiche nei punti più importanti, che circondano la grande Isola africana; quali sarebbero, ad esempio, Algeri, il Gran Cairo, S. Denis all’isola della Riunione nell’Oceano Indiano, ed alcuna delle città più importanti sulle Coste occidentali dell’Africa sull’Oceano Atlantico.
In questi centri universitari, come pure in altri punti di grande importanza nelle isole e sulle coste che circondano l’Africa, si potranno fondare in progresso di tempo dei piccoli stabilimenti artistici di perfezionamento pei giovani negri cavati dal corpo degli artisti più atti a ricevere una più elevata istituzione; affinché, mercé l’introduzione delle arti per migliorare le condizioni materiali delle vaste tribù della Nigrizia, venga ai missionari agevolato il sentiero, per introdurvi più radicalmente e stabilmente la fede.
A realizzare e dirigere il nuovo Piano verrà stabilita una Società composta d’individui di mente, di cuore, e di grande azione, la quale piglierà il nome di SOCIETA’ DEI SS. CUORI DI GESU’ E DI MARIA PER LA RIGENERAZIONE DELLA NIGRIZIA, sotto il patrocinio della VERGINE IMMACOLATA, DI S. GIUSEPPE SP. DI M., E DEI PRINCIPI DEGLI APOSTOLI.
La Missione speciale di questa Società sarà di spiegare e mettere in azione tutte le forze del Cattolicesimo a beneficio dell’Africa. Quindi alla Società spetterebbe:
1. Di comunicare colla S. Congregazione di Propaganda Fide, per trattare sopra ciascuna delle imprese più importanti dell’Opera.
2. Di comunicare coi centri generali degli Ordini e Congregazioni maschili e femminili, per convenire sul personale necessario alla fondazione degli africani Istituti, od all’erezione di novelli Vicariati o Prefetture Apostoliche nelle regioni dell’Africa.
3. Di trattare colla pia Opera della Propagazione della Fede e colle alle Associazioni che hanno il medesimo scopo, affine di assicurare i mezzi pecuniarj e materiali per le Missioni ed Istituti da iniziarsi nelle terre africane, dietro l’autorizzazione della S. Congregazione di Propaganda Fide.
4. Di provvedere ai mezzi pecuniarj e materiali per la creazione e mantenimento delle opere preparatorie d’Europa, destinate a formare gli elementi per le Missioni dell’Africa.
5. Di fondare a poco a poco dei piccoli Collegi per le Missioni africane nei centri più opportuni delle diverse nazioni cattoliche, affine di aprire la via dell’Apostolato dell’Africa a tutti gl’individui del clero secolare, da Dio chiamati a sì alto ministero; e di erigervi successivamente dei piccoli Stabilimenti artistici per formare idonei soggetti, affine d’introdurre l’insegnamento di tutte le arti necessarie di pubblica utilità negli Istituti africani.
6. Quando la Società potrà disporre del personale necessario alla fondazione di un Istituto nell’Africa, e dalle pie Associazioni per la Propagazione della Fede si sarà assicurata dell’assistenza speciale da accordarsi al medesimo Istituto, dietro l’accordo coll’Eminentissimo Cardinale Prefetto generale della S. Congregazione di Propaganda Fide, si rivolgerà al Vicario o Prefetto Apostolico di quella Missione africana, nel cui territorio e sotto la cui giurisdizione intende di piantare il suddetto Istituto, per ottenerne la necessaria autorizzazione.
7. La Società comunicherà direttamente coi Vicari o Prefetti Apostolici di tutte le Missioni africane, per istruirsi quanto è possibile sui punti topografici, sui costumi e sulla storia dei popoli africani, e sui risultati della pratica esperienza del loro apostolico ministero, affinché possa meglio essere in grado di preparare quegli elementi che sono i più opportuni a promuovere con maggiore efficacia e nella massima estensione, lo sviluppo e l’azione del Cattolicesimo nelle tribù dell’Africa centrale.
8. La Società finalmente, studiando e mettendo in opera i mezzi più efficaci per la realizzazione del nuovo piano, susciterà e porrà in azione tutti gli elementi del Cattolicesimo che attualmente mancano per la rigenerazione dei negri, infonderà maggior vita e vigore a quelli che già esistono; e spiegando in tal guisa tutte le forze del Cattolicesimo a favore dell’Africa, la sua azione sarà feconda di nuove idee, di nuovi lumi, di nuove istituzioni, di nuovi piani atti a sviluppare più ampiamente ed efficacemente il ministero evangelico nelle vaste ed inesplorate regioni dell’intera Nigrizia.
Tale è il nostro piano, che presenta, come accennammo, l’aspetto di un campo di battaglia, diretto all’assedio della fortezza finora inespugnabile della Nigrizia. Essendo riuscito impossibile l’effetto di un assalto da replicate spedizioni apostoliche operato, che terminò sempre col solo sacrifizio degl’intrepidi assalitori, ci siamo appigliati alla tattica di un assedio; e i nostri istituti, creati in sui confini della grande penisola africana, porgon l’idea dei fortini e degli approcci necessari allo scopo.
Ci sorride nell’animo la più dolce speranza che il nuovo Piano per la Rigenerazione della Nigrizia, il quale tornò sì gradito al cuore del Santissimo nostro Padre, l’immortale Pontefice Pio IX, e fu accolto con sommo favore ed entusiasmo da tanti insigni Prelati e Vescovi della Chiesa Cattolica e dalle più ragguardevoli e sublimi intelligenze ecclesiastiche e civili dei due mondi, otterrà la cooperazione di tutte quelle sante istituzioni, che finora si occuparono o tentarono di promuovere i vantaggi spirituali della razza etiope. Noi speriamo che esso verrà protetto ed assistito da quelle pie società, che forniscono di mezzi pecuniari e materiali le sante opere istituite per la Propagazione della Fede, e che troverà un eco di approvazione, ed un appoggio di favore e di aiuto nel cuore dei cattolici di tutto il mondo, investiti e compresi dallo spirito di quella sovraumana carità che abbraccia la vastità dell’universo, e che il Divin Salvatore è venuto a portar sulla terra.
Noi speriamo, si lo speriamo, che la santa Chiesa, l’eco della Eterna Parola del Figliuolo di Dio attraverso dei secoli destinata a regnare sopra tutte le nazioni del mondo, stenderà il suo manto glorioso su tanta parte della sua eredità, e che i generosi suoi figli accorreranno solleciti da ogni angolo della terra a prestar l’opera loro, per cristianizzare ed incivilire le erranti tribù africane arse dall’ardente canicola, ma non ancora da oltre quaranta secoli rischiarate da un raggio di vera luce. Gli apostoli, che marceranno a quella grande conquista, non porteranno all’Europa le spoglie dei vinti; ma ai vinti recheranno il tesoro della fede cattolica e della civiltà europea: non soggiogheranno quei popoli a guisa di terreni conquistatori; ma ad imitazione del Divin Pastore, dalle spine ond’erano avviluppate, e dalla oppressione nella quale giacevano, toglieranno sopra le loro spalle quelle misere pecorelle, menandole in trionfo ai liberi ed ubertosi pascoli della Chiesa; sì che i conquistati non già vinti dalla forza, ma vincitori di se medesimi e della loro natura, avranno conquistato col battesimo la vera religione, e il gran benefizio della vita civile.
D. Daniele Comboni M. A.


sabato 22 luglio 2017


IL NAUFRAGIO DELLA CARITÀ CRISTIANA

L’invasione pilotata (c.d. “emergenza immigrazione”) ha fatto naufragare la Carità Cristiana, l’Amore con la maiuscola, quello il cui esito immediato è la Giustizia, il contrario esatto del buonismo, impasto di ingiustizia e ipocrisia in dosi massicce.
Il dramma del naufragio della Carità Cristiana supera e include quello dei barconi, messi in mare dalla criminalità e affondati dal buonismo.
Il troncone di destra del relitto della Carità Cristiana contiene il ponte di comando, quello che un tempo la indirizzava secondo giustizia, che organizzava, indicava mete raggiungibili e le raggiungeva. Oggi da lì giungono solo echi di invettive impotenti, sempre più cattive. Muoiono giovani immigrati: indifferenza, forse segreta soddisfazione; masse in aumento di sconosciuti, cronaca nera che se ne riempie, e si attende il crack, il fatto decisivo che obblighi la società, gli stati a fare “cantare i mitra” e i cannoni… Crescente, strisciante razzismo verso l’Africa e gli africani, giudicati impotenti imbecilli in balia dei trafficanti e destinatari passivi della nostra “carità” pelosa e interessata. Una caricatura di Africa, non è quella che ho conosciuto in Africa, sofferente ma anche inimmaginabile scrigno di fede, forza, speranza. Un’Africa prona, col berretto in mano, è invece quella che schiavisti schifosi e buonisti distratti distribuiscono agli angoli delle nostre strade.
Il troncone di sinistra del relitto contiene la sala macchine, è quello che un tempo era profetico, propulsivo, che la faceva trovare là dove nessuno se l’aspettava, e mai dove il Potere la voleva. La Carità nella Verità, che soccorrendo il povero denunciava l’ingiustizia e denunciando l’ingiustizia costruiva oasi nei deserti di sale. Oggi i “profeti” dell’ovvio sono disciplinatamente intruppati a collaborare all’invasione, che distrugge noi e l’Africa, ma che qualcuno ha deciso essere l’ottimo per il Mercato. Pronti a gridare a comando contro il razzismo, il populismo, a piangere e commuoversi con un occhio solo, che seleziona le tragedie senza volere afferrare il quadro delle cause, in cui vedrebbero riflessi anche loro stessi.
Il troncone di destra e quello di sinistra erano una Nave, che solcava gli oceani e approdava in continenti lontani. Sotto la Croce di Cristo nascevano civiltà, lingue sconosciute anche a chi le parlava diventavano grammatiche apprese nelle scuole, sensibilità diversissime, anime raminghe si affinavano per cantare lode a Dio nella fede, nella scienza, nel lavoro, nel diritto. L’ordine degli uni arricchiva la profezia degli altri e viceversa, come le membra di un corpo che cresce armonioso.
Oggi quella nave è un relitto, e bambini malcresciuti e ineducati su ciascun troncone cantano la loro canzone ignorante e stonata, sullo spartito del demonio. Signore salvaci.
Marco Crevani, 20 luglio 2017

lunedì 12 giugno 2017

Comunicato Ufficiale n. 4 del Comitato “Beata Veronica da Binasco” – 12 Giugno 2017
È il tempo del raccoglimento, del poco chiasso e della preghiera incessante. Questo è l’aspetto più militante che i cattolici possono perseguire”. Con queste parole un giovane portavoce della processione di Riparazione al “REPride” di Reggio Emilia conclude la sua riflessione sull’evento. Non possiamo che sottoscriverla anche in relazione a quanto si è svolto a Pavia:
1) Agli insulti, gratuiti e ingiustificati, rispondiamo con le parole di S. Paolo: “insultati, benediciamo”.
2) Ringraziamo i partecipanti. Senza denaro, senza mezzi straordinari, senza patrocini di istituzioni, in cinque giorni si è dato vita a un evento significativo sul piano, non solo soprannaturale, ma anche sociale. Infatti, anche la stampa nazionale ha preso atto che i cattolici, incuranti del politicamente corretto, non si lasciano zittire. Essi chiamano grazia ciò che è grazia; peccato ciò che è peccato; disordine ciò che è disordine. Sottolineiamo tuttavia un disagio: abbiamo cortesemente risposto alle domande dei giornalisti per dare una lettura corretta dei promotori dell’evento, e non perché le nostre parole o immagini fossero direttamente mescolate a immagini del PaviaPride.
3) Un plauso alle dichiarazioni sagge ed equilibrate di S.E. Mons. Corrado Sanguineti, Vescovo di Pavia, che corrispondono esattamente a quanto ha detto a noi. Lungi dal vietare il Duomo ai fedeli – come si è falsamente scritto – quasi fosse una pubblica sala e non il centro della devozione e della Fede comune dei cattolici pavesi, ne ha ribadito il diritto alla preghiera e il “no” della Chiesa cattolica a ideologie che sono contro l’uomo creato ad immagine e somiglianza di Dio.
4) E’ l’amore per le anime a spingerci: “Caritas Christi urget nos”. Non c’è una “nuova Chiesa”, non ci sono (ci spiace deludere alcuni) neanche “nuovi costumi” o nuovi peccati. Nella Roma che sparse il sangue dei martiri, Papi compresi, Nerone imponeva il suo “diritto positivo” e assoluto, non solo crocifiggendo i cristiani, ma anche “celebrando” almeno un paio di propri “matrimoni” con altrettanti maschi. Gli Apostoli, tuttavia, testimoniarono Cristo senza paura e con amore, ottenendo la conversione di molti. Perché, ci ricordano gli Atti degli Apostoli, bisogna obbedire prima a Dio che agli uomini.

Il Comitato “Beata Veronica da Binasco”

domenica 11 giugno 2017

Comunicato Ufficiale n. 3 del Comitato “Beata Veronica da Binasco” – 10 Giugno 2017
E’ con soddisfazione e gratitudine che ci accingiamo a fare un bilancio di quanto avvenuto nella giornata odierna: alcuni atti di culto fermo e devoto durante i quali abbiamo apprezzato la testimonianza significativa di molte persone che hanno manifestato la loro vicinanza e il loro sostegno cementati nella comune offerta di preghiera. E’ stato questo il modo più verace e cristiano anche di rispondere a tanti insulti che ci sono stati rivolti sulla nostra pagina facebook, a cui abbiamo scelto di non dare troppo credito, certi che la preghiera per quelle persone che ci hanno contestato senza elementi sia la migliore forma di carità nella verità. Ci siamo ritrovati nella nostra Cattedrale per recitare insieme devotamente il Santo Rosario meditato, che abbiamo personalmente offerto in riparazione dello scandalo del Gay Pride, con a seguire la recita delle litanie e dell’Atto di Riparazione al Sacro Cuore di Gesù composto da Sua Santità Papa Pio XI. E’ seguita la Santa Messa feriale, il gesto più alto possibile di Riparazione, lo stesso rinnovarsi del Sacrificio di Cristo. Provvidenzialmente era celebrata per invocare la benedizione di Dio su una coppia di sposi nel cinquantesimo anniversario di matrimonio, segno bello e commovente della gioia duratura che promana da una vita vissuta nell’adesione a ciò che la Divina Provvidenza ha disposto per l’uomo e la donna. Al termine della Santa Messa abbiamo pensato di compiere anche un piccolo gesto “esterno”, in Piazza della Vittoria, dove una trentina di fedeli hanno reso omaggio alla Madonna di Piazza Grande, davanti al Broletto, con il canto del “Noi vogliam Dio, Vergin Maria”. Nella semplicità e nella pregnanza di questi gesti, segno di una fede umile ma combattiva e propositiva, tutti i fedeli si sono ritrovati, come in un alveo comune naturale e al tempo stesso soprannaturale.
In conclusione è grande la nostra soddisfazione per aver manifestato apertamente il desiderio di bene iscritto nel nostro cuore con la testimonianza pubblica di una preghiera sincera e oggi in coraggiosa controtendenza. Con vivi ringraziamenti a tutti quanto hanno partecipato, e soprattutto alla Beata Veronica, alla Santa Vergine e al Signore Onnipotente.

Il Comitato “Beata Veronica da Binasco”

sabato 10 giugno 2017

Comunicato Ufficiale n.2 del Comitato “Beata Veronica da Binasco” – 7 Giugno 2017
PaviaPride e pubblica riparazione
Nell’intento di riparare il pubblico scandalo e l’apologia dell’omosessualismo offerti dal PaviaPride, in programma per il 10 Giugno prossimo a Pavia, il Comitato “Beata Veronica da Binasco” intende invocare la protezione divina sulla città di Pavia e offrire alla Divina Maestà una congrua riparazione per i peccati che così gravemente offendono il Sacro Cuore di Gesù e il Cuore dell’Immacolata Sua Madre. Le modalità concretamente proposte sono le seguenti:
Appuntamento per le ore 10.30 di sabato 10 giugno presso la Cattedrale di Pavia dove offriremo personalmente in riparazione la recita del S. Rosario e la partecipazione alla successiva Santa Messa. Al termine reciteremo l’Atto di Riparazione al SS. Cuore di Gesù composto dal Santo Padre Pio XI e allegato all’enciclica “Miserentissimus Redemptor”
Comitato “Beata Veronica da Binasco”

domenica 19 marzo 2017


Rompere il fronte del buonismo

Dopo qualche tempo ripasso da Piazza Petrarca alle 10 del sabato mattina, l’ora di punta del mercato. La concentrazione di giovani nigeriani con il cappellino in mano è impressionante: davanti ai chioschi degli alimentari ce n’è praticamente uno per ogni postazione. Prosegui per il centro, alla Chiesa del Carmine uno per ogni uscita, più avanti uno ad ogni incrocio, con studiata concentrazione dove maggiore è il traffico pedonale. 50? 100? Non ho il cinismo sufficiente per dedicarmi alla statistica. Ma la questione è ormai transitata in quel campo. Con uno ti fermi e parli, il secondo lo saluti tutti i giorni, al terzo e al quarto sorridi, arrivando a 50 osservi solo se per caso nel prossimo incrocio ce n’è un altro.
Quello che non ho sotto gli occhi, ma che leggo sul sito della Comunità Papa Giovanni XXIII:

Dopo essere sbarcate in Sicilia e inviate ai Centri di accoglienza del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR), le ragazzine ottengono facilmente un permesso per richiedenti asilo politico; subito dopo vengono prelevate direttamente negli stessi Centri di accoglienza dai loro sfruttatori, con cui erano già in contatto.

L’omicidio, l’aborto sono peccati gravissimi, il genocidio o l’olocausto dell’aborto legale sono a un altro livello. La prostituzione rende schiava una donna, la tratta è una struttura di peccato, dove i singoli peccati si sommano fino a diventare statistica.

Un ragazzotto ha investito 400 €, si è abbonato al Registro Navale e per un mese ha seguito con pazienza i movimenti delle navi su internet (l’ha rilanciato anche Striscia la Notizia): il quadro è sconfortante, le operazioni di “salvataggio in mare” consistono in una spola fra i porti siciliani e il limite delle acque libiche, dove gli scafisti praticamente consegnano barconi di disperati al servizio gratuito (per loro) di trasporto, non come prevedono i regolamenti fino al “porto sicuro” più vicino (a 70 miglia, in Tunisia) ma in Sicilia (250 miglia nautiche). In quelle poche miglia da Tripoli fino alle navi italiane o europee i gommoni stracarichi spesso si rovesciano, e così il ministro Alfano che, dopo il primo anno di Mare Nostrum rivendicava “noi non li lasciamo morire in mare, noi abbiamo salvato 20 mila vite”, al termine del suo mandato, nell’anno 2016, poteva celebrare 180 mila sbarchi e 5 mila morti in mare. Non male come “rimozione delle cause”.

...E prima? Lo sappiamo ormai alla nausea: illusioni tragiche che diventano moda, viaggi allucinanti nell’oceano di sabbia le cui dune ricoprono probabilmente un multiplo dei morti nel Mediterraneo, le torture nelle prigioni delle varie fazioni libiche.

...E dopo? Anche qui sfondiamo porte aperte: profitti stratosferici di enti più o meno umanitari, resi possibili da stanziamenti pazzeschi (3,3 miliardi € nell’ultimo anno!), quali la cooperazione allo sviluppo mai si è sognata neppure negli anni di vacche più grasse, allarme e risentimento di chi campa di sussidi o di stipendi sempre più da fame, di comunità di qualche centinaio di anime che si vedono occupate da 50 o 100 ragazzotti senza alcuna prospettiva (nell’80% dei casi, ma non è che gli altri, i “veri profughi” con la protezione umanitaria in mano se la passino poi così bene). Cioè, la prospettiva c’è, chiara e scontata: qualcuno, dopo anni di emarginazione e umiliazioni, inserito sgomitando fra italiani poveri in qualche posto di lavoro costato valanghe di investimenti non per lui ma per il “sistema”, la maggior parte in giro per l’Italia con un cappellino in mano, vitto(?), alloggio(?) (il biglietto del treno non si paga) e magari un euro al giorno dal loro “padrone”, italiano o straniero non importa.


"L'operazione Mare Nostrum non va interrotta perché sta salvando migliaia di vite umane e questo viene prima di ogni valutazione di tipo politico ed economico"


Ed eccoli qua, i numeri dei morti, prima di Mare Nostrum (2013-2014) e Triton (dopo Mare Nostrum)… Che brividi, e non sono solo bastoni blu, sono cataste di morti...

Anni e anni... l’ “emergenza” costruita a tavolino suona bolsa e di una falsità sempre più ributtante. 180 mila all’anno vuol dire una Modena o una Reggio Calabria. Cosa facciamo? Non tiriamo in ballo l’Europa per favore, uno in più in Francia vuol dire un voto in più alla Le Pen, in Germania un voto in meno alla Merkel, quindi anche loro ormai han detto stop. O vale il bilancio cinico con 80 mila culle vuote in più e 100 mila giovani italiani all’estero? Forse per qualcuno è questo, tanto il mondo è di tutti...PER ME NO. Io credo che se Dio mi ha fatto nascere qui è perché qualche responsabilità ce l’ho verso anche verso il prossimo mio vicino di casa.
Allora? Continuiamo a fare “rimozione delle cause” unendoci agli appelli indignati contro il razzismo (?) o la vogliamo fare seriamente, guardando in fondo a quegli occhi scuri e ai loro veri bisogni e ascoltando le parole dei nostri, gli italiani, che ci parlano, ci chiedono, magari ci puntano il dito contro, usando categorie sgrammaticate riassumibili in due monosillabi: “E noi?” - Traduco (ho studiato un po’ di lingue) - “Quando spenderete per noi 32 € al giorno?”

FERMARE LA TRATTA. DOMANI MATTINA. INVESTIRE QUEI MILIARDI PER I REINSERIMENTI, LO SVILUPPO, I PROGETTI A CASA DI CHI PARTE. PER CREARE FRATERNITA’ E SPERANZA.



Rompere il fronte del buonismo ipocrita, affarista e assassino che ha bisogno e sfrutta quei ragazzi e quelle ragazze, a me così cari, perché ci ho lavorato bega kwa bega (spalla a spalla), perché a un loro figlio, coi capelli crespi identici ai loro, ho cambiato il pannolone per tre anni e mezzo in casa mia (LUI aveva bisogno dell’Italia). E sempre di più ripeto col Comboni: “O Nigrizia o morte! Salvare l’Africa CON gli africani!”
Bisogna parlare e rispondere a quegli sgrammaticati, a quegli arrabbiati, a quelli che con orrore hanno deciso di comprarsi una pistola e la tendono nel cassetto. Bisogna fargli sentire che anche per noi la bontà si coniuga col buon senso, non con il buonismo.

CONCLUSIONE - Riconosciamo, e lavoriamo per chiudere, le fabbriche di croci, non camminiamo più a braccetto con chi le fabbrica, anche se poi distribuisce rotoli di bende per chi soccorre i crocifissi. Un appello ai liberi e forti come ai tempi di don Sturzo, perché di fronte alla dittatura globale del relativismo, di cui l’immigrazione incontrollata è un pilastro indispensabile, i pochi o tanti che continuano a usare il buon senso devono serrare i ranghi e agire. Io ci sto.

Pavia, 12 marzo 2017 – II Domenica di Quaresima

















sabato 11 marzo 2017

Preghiera della Speranza
 scritta da Giorgio Asuni


 Dio Nostro Padre
 È difficile chiamarti così 
Soprattutto quando le cose
 Non vanno secondo le preghiere chieste 
E lo scorrere del tempo
 Diventa l’inesorabile realtà quotidiana. 
E’ per questo che
 Quando la stanchezza diventa insopportabile 
Si smette di chiedere qualsiasi cosa
 E non rimane altro che dire
 E va bene 
Sia fatta la tua volontà. 
Ma poiché non ci è concesso conoscerla 
Non permettere che la speranza ci abbandoni 
Poiché tutto è possibile e Tu,
Con un semplice soffio, 
Puoi rendere possibili cose che in 10 anni 
Non sono mai accadute 
Rendendoci la vita meno pesante 
E più gioiosa da essere vissuta 
Amen

Giorgio ci ha lasciato lunedì 6 marzo 2017, a 54 anni, dopo 35 di convivenza con la sua malattia e almeno 10 in carrozzina. E' di lui, del suo mite coraggio, della sua Fede sussurrata ma granitica che vorrei sentir parlare in televisione.