E’ arrivato un bastimento carico di misericordia, ma il mondo non sa che cosa farsene. E il cristianesimo mondano, che gliel’ha condotto fin dentro il porto di casa, non è in grado di dare ragione del grazioso cadeau: dopo aver chiuso negli armadi dei lini e delle vecchie lavande gli anatemi dei tempi andati, non ha più nulla da perdonare e, dunque, nessun motivo per cui essere misericordioso. E, in perfetta e inesorabile simmetria, il mondo, che improvvisamente ha scoperto di non essere più in peccato, non vede proprio come far fruttare il misericordioso abbraccio. Tolta l’impellenza della conversione e della rinuncia a satana, sola ragione dell’unico discorso possibile tra chiesa e mondo, l’una e l’altro hanno finito per incontrasi in un accidioso convivio sotto il segno del demone meridiano, quel sortilegio in cui si vive solo per compiacersi del proprio malessere.
Ma non è colpa del mondo, povera preda di un male che solo l’incisione affilata e incandescente del verbo cristiano sapeva curare chiamandolo con il suo nome: peccato. Nella guerra a una chiesa che gli muoveva guerra per la sua salvezza, il secolo trovava almeno una vena di linfa vitale, un fugace balenìo dello spirito tremendo eppure desiderato che ora, nella pace, non scorge più. Eppure ne ha sete, molto più che della misericordiosa condiscendenza, ma il cristianesimo mondano non ha più di questa acqua. Così il secolo, che coltiva nel suo intimo il desiderio di sentirsi peccatore pur negando l’idea del peccato, si trova smarrito davanti a cristiani che non si sentono peccatori perché quell’idea l’hanno dimenticata.
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