giovedì 6 dicembre 2018

APPUNTI PER UNA NECESSARIA RESISTENZA


Questi ultimi tempi hanno visto una preoccupante accelerazione dei “commissariamenti” da parte della Santa Sede, dopo l’ormai “storico” (e assolutamente inusuale per la durata) delle Suore e dei Frati Francescani dell’Immacolata, quello delle francesi Petites Soeurs de Marie Mère du Rédempteur (che ha avuto come conseguenza la richiesta della dispensa dai voti da parte della quasi totalità delle suore) e il recentissimo commissariamento della Fraternità Sacerdotale Familia Christi. A essere colpite sono realtà, piccole e grandi, fiorenti di vocazioni religiose e accomunate da un cammino di avvicinamento alla tradizione liturgica reso più esplicito dall’adesione al Motu Proprio “Summorum Pontificum”. Non quindi storie di “rottura” postconciliare in nome della Tradizione e poi di riavvicinamento, ma realtà che segnavano inesorabilmente il desiderio del Popolo di Dio di riappropriarsi delle fonti della Grazia e della vita cristiana che per duemila anni hanno riempito il calendario di santi e il mondo di civiltà e poi, in pochi anni, sono state sigillate dalle “esigenze di rinnovamento”. Sembra proprio questo il punctum dolens che il modernismo, saldamente (per ora) al potere in Vaticano, vuole colpire: rimuovere, rendere inaccessibili le vie di Salvezza che il Signore ha seminato in quella “notte di tempesta” (parole di Paolo VI) quale presto è diventata la “primavera del Concilio”. Mostrare che alla minestra insipida e bruciaticcia del dopoconcilio non c’è alternativa, e se il popolo se ne ritrae sempre più nauseato (e le nuove generazioni neanche vi si accostano), tanto meglio.
Chi scrive non ha le competenze né il desiderio di addentrarsi nei retroscena delle guerricciole della “junta” vaticana, regime che ricorda sempre più un vecchio film di Woody Allen, quello del fantomatico “Stato Libero di Bananas”. Preferiamo accostarci (la Comunione dei Santi lo permette, anzi, lo raccomanda) ai pensieri santi e disposti all’estremo sacrificio dei nobilissimi popolani “papisti” irlandesi inginocchiati davanti al Divin Sacrificio celebrato clandestinamente, sotto la neve, che compaiono in questa celebre immagine, e capire cosa possiamo trarre di ammaestramento per questi nostri “Penal Days”, perseguitati come siamo da quei protestanti che, per assurdo, sono oggi sedicenti “papisti”.
Mettiamoci dunque in ginocchio davanti al Sacratissimo Cuore di Gesù presente nel Santissimo Sacramento dell’Altare e alla Sua Immacolata Madre e proviamo a scrivere qualche “appunto” personale e perfettibilissimo per una resistenza.
- Pregare. Chi lo ritiene scontato è già sulla cattiva strada della contesa “politica”, sta già accettando lo scontro sul terreno e coi metodi dei modernisti. Cioè del demonio. Già. Ma vediamo di capirci. I Santi, quelli la cui esistenza esprime già il successo storico ed escatologico del Vangelo, il trionfo di Cristo sul tempo e sulla storia, i Santi, dunque, avevano la docilità di seguire il cammino loro proposto anche nella preghiera. Il cammino insegnato dalle mamme e dalle nonne. Rarissimamente, dopo vite passate a macerarsi nell’Imitazione della Croce, potevano distillare dalla loro anima nuove preghiere, come Ermanno il Contratto, autore del Salve Regina. Gli agenti segreti del Regno nelle regioni del principe di questo mondo hanno un codice segreto, fatto di S. Messa Quotidiana (se possibile nella forma “tridentina”, se no infarcendola di “secreta” personali, giaculatorie etc. nelle parti “rovinate” dal “novus ordo”), adorazioni personali e comunitarie al SS. Sacramento, Rosari, Ufficio Divino (preferibilmente in latino, il dialetto di Mamma Chiesa, la via breve per la meditazione…) tutto ciò insomma che il Padreterno e Maria Vergine ci hanno detto e fatto capire in un milione di modi di gradire sommamente. Senza dimenticare di affidare frequentemente noi stessi, le nostre attività e i nostri cari, nonché le persone pericolanti, a San Giuseppe e ai rispettivi Angeli Custodi. Non dimenticherei, vista la crescente presenza di fratelli cattolici dall’Est e dal Medio Oriente, di favorire e partecipare a celebrazioni proprie della loro tradizione liturgica. Dimostrare insomma, coi fatti e coi gesti, ai sacerdoti, ai vicini e ai lontani quanto teniamo alla Grazia di Dio e ai mezzi per ottenerla, alla carità fra di noi e verso tutti, carità che parte dalla preghiera e si estende ad ogni aspetto della vita.
- Evitare nel momento presente ogni associazione od organizzazione riconosciuta da organismi ecclesiastici. Rispettare sacerdoti e pastori e le loro disposizioni quando non in palese contrasto con la Fede (astenersi ad esempio da iniziative o riti ecumenici, peggio, interreligiosi). Gli inevitabili sacrifici che questo comporterà saranno ripagati dalla serenità di non dover subire i rivolgimenti e le censure al cambiar di parroco e di vescovo. Abbiamo a che fare con una Madre Chiesa che, pur essendo irrevocabilmente assistita dal Fondatore, manifesta nei suoi rappresentanti umani preoccupanti segni di squilibrio. Non conviene dunque esporci troppo né affidare nelle sue mani tesori preziosi. Ogni cosa troverà il suo tempo.
- Carità. Venirsi incontro fra tutti coloro che avvertono l’emergenza presente. Superare antichi dissapori e divergenze quando non legati al fare Verità, che sempre dev’essere il nostro faro. Essere vulcani di iniziative e fiumi di sapiente sollecitudine e sostegno a chi le promuove, senza inutili gelosie. Coordinarsi prudentemente e discretamente, coinvolgendo pastori e responsabili solo lo stretto necessario, così da non ottenere improvvidi dinieghi o esporre coloro che ci sono favorevoli a probabili ritorsioni. Passaparola più che attacchinaggi. Dio farà il resto. Essere però sempre presenti dove il momento lo richiede, specie nelle cause scomode e che i pastori evitano volentieri. Saper parlare con tutti senza vincolarsi a nessuno, specie in campo politico. Carità naturalmente indispensabile è fornire sostegno, ospitalità, risorse a quelle realtà perseguitate che bene farebbero a sciogliersi da riconoscimenti ufficiali mantenendo il minimo livello organizzativo necessario, ma tenendo ben salda la barra del timone della loro vocazione specifica.
In conclusione, stiamo ben certi che resistere non sarà facile né indolore. Ne usciremo come minimo con le ginocchia fradicie e semicongelate come i nostri eroi irlandesi. Ma lo dobbiamo a noi stessi, ai nostri figli, ai nostri paesi un tempo cristiani e che solo con la fatica e se necessario col sangue dei martiri potranno tornare ad esserlo. Con la perseveranza salveremo le nostre anime.
                                                                                                     
                                                                                                               Marco Crevani
                                                                                                                                       6 dicembre 2018 - San Nicola Vescovo

domenica 11 novembre 2018


sconvolgente assenza di un'epica cattolica
Sono qui, sul bordo fra la seconda e la terza età della vita, in mano una chitarra restaurata da mio figlio a cui si è rotto il mi cantino, e con quello quasi ogni possibilità di caratterizzazione, di sfumature. Le mie figlie ripiegano le tende e si preparano a una nuova stagione scout. Accanto alla “tana”, pensando ai “lupetti” che vi entreranno, riaffiora sulla punta delle dita una canzoncina scritta 40 anni fa da un autore cattolico (quindi sconosciuto al mondo) per il suo bambino nel giorno del rapimento di Aldo Moro.
Gli accordi, ormai sepolti sotto trent’anni di oblio, sono incerti bagliori. Ma il vuoto non è solo quello della memoria, il vuoto spalancato davanti è quello di un “mondo cattolico” del quale don Oreste Benzi diceva, pochi giorni prima di lasciarci, alla “settimana sociale dei cattolici italiani” del 2007 (a proposito, qualcuno ha più sentito parlare o assaporato i frutti di quelle assisi?): “…Si è persa, si è sbriciolata e poi scomparsa la coscienza di essere popolo, popolo di Dio, con una missione di salvezza da portare”. Penso, come spesso mi accade, a impossibili contaminazioni, a “ponti” lanciati fra prassi e memorie non condivise, pur se provenienti da una comune radice, magari vissute addirittura dalle stesse persone!
Niente da fare, reciproche, ripetute censure, poi addirittura autocensure, fino ad ammutolire e scomparire, ben oltre quanto ci ha imposto il mondo. Nulla, assolutamente nulla (a parte, come mi dicono a casa, “il Vangelo”) che ci unisca, di cui tutti possano dire, “ecco le nostre radici”. Già. Il Vangelo. Ma in nome del Vangelo c’è chi benedice le cliniche abortive e c’è chi le fa chiudere con i riti di esorcismo.
 “Una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta” ripeteva Giovanni Paolo II. Contestatissimo da destra e da manca, nel suo tentativo di rendere ragione della speranza che è in noi, censurato ieri e oggi con la sua forza ingenua, polacca, innamorato di una fede integrale, tanto da non aver paura di abbracciare gli sciamani o di pregare in moschea, convinto che con Cristo (come ripeté ad Assisi ai suoi sconcertanti invitati) per annunciare che solo in Lui vi è salvezza, possiamo invitare tutti gli uomini e le credenze fin dentro le nostre chiese.
No, neanche Giovanni Paolo II, frettolosamente canonizzato per essere subito rimosso e rinnegato nei fatti e nella prassi, rappresentò e rappresenta un “punto comune”. Sbriciolata e scomparsa la coscienza di essere popolo di Dio. Se il solare don Benzi pronunciò due settimane prima di morire quelle parole, se un “infaticabile apostolo della carità”, costruttore di mondi nuovi e di un popolo cosciente della sua missione di salvezza, si lasciò andare a quella diagnosi impietosa, non sarà stato solo il mal di cuore.
La chitarra restaurata da mio figlio con una corda in meno, mi rendo conto che posso appenderla ai salici di Babilonia: mancano la voce, le note, l’autorevolezza per raccontare ai più giovani, per dire quanto c’è da fare ancora, per loro e per tutti.






Finale Ligure (SV) – Altare della Collegiata di San Biagio in Finalborgo
“Nel presbiterio, la balaustra in marmo con angeli è opera sempre di Domenico Bocciardo, quest'ultimo anche autore dell'altare maggiore del 1799. La famosa particolarità di questo altare è il drappo del tavolo, che sembra di stoffa ricamata, ma in realtà è puro marmo.”

Posso solo chinarmi, riprovare con le ginocchia il gradino della balaustra, dimostrare silenzioso che quella è l’unica posizione possibile per il cristiano davanti al Signore che passa sanguinante, mentre angeli sbalzati nel marmo da chi del Mistero fece anche cultura, distendono una finissima imperitura tovaglia a offrire il Panis Angelicus.

lunedì 5 febbraio 2018

IL PARTITO DI OLIVELLI


 Chi votiamo?...
Io voto il Partito di Olivelli.
Il partito di Olivelli non c'è. Il partito di Olivelli, di Aldo Gastaldi "Bisagno", di Eugenio Corti, di Giovanni Guareschi. Gente troppo impegnata a fare l'Italia, a insegnare senza cattedre, a lavorare sul serio, a indignarsi senza odiare nessuno, a combattere senza ferire. E' un partito che non c'è, ma non per opportunismo, non per trasformismo.
I partiti politici nascono, riempiono di simboli e parole d'ordine l'anima di tutti, spaccano il mondo a parole e dopo dieci anni spariscono, si trasformano, si fondono e si rifondano, e in queste tempeste in bicchieri d'acqua tanti galleggiano e sorridono sempre.
Olivelli e i suoi non erano musoni, ma sorridevano quando c'era da sorridere. Non parlavano quasi mai di diritti, troppo impegnati a fare il loro dovere. Per questo il loro partito non esiste.
I partiti politici parlano sempre di diritti, non si va a chiedere voti parlando di doveri. L'unico dovere che vi chiedono è quello di votare per loro, poi diritti per tutti, anche i più strampalati e capovolti.
Il partito di Olivelli, di Bisagno...tutta gente morta da decenni?
No, c'è ancora gente così. Oggi sono i cristiani siriani e iracheni che tornano a ricostruire le loro case e le loro chiese, che non hanno ceduto alla creazione dell'ennesima milizia armata, convinti che certe cose le debba fare uno stato, e piuttosto si arruolano.
Sono i cristiani cinesi, che dopo settant'anni ancora si ostinano a pregare con vescovi e preti veri, non violenti che si fanno decenni in campi di concentramento ma che, non essendo promossi dai media, non diventeranno mai dei Mandela.
Sono i ragazzi Pachistani che muoiono custodendo le chiese da quelli così convinti di un dio onnipotente e misericordioso da farsi saltare per aria loro e decine di innocenti.
Sono quelli che muoiono perdonando.
Ci sono anche tanti italiani che solo lo Spirito Santo tiene ancora in piedi, mentre la famiglia va a pezzi, lo stipendio di un lavoro precario è ormai come quello di Pechino, che mandano i figli a scuola e li educano ancora a qualcosa mentre anche tanti preti tacciono o peggio dicono che va bene tutto. A loro vorrei dire: non ho partiti da suggerirvi. Ma non sto zitto.
Io sto con Olivelli.

martedì 30 gennaio 2018

I CATTOLICI ITALIANI VOGLIONO FINANZIARE  MEDIA CATTOLICI


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S.E. Card. Gualtiero Bassetti
Presidente C.E.I.

Eminenza Reverendissima,
come cattolici e cittadini italiani contribuenti con il c.d. “8 per mille” al mantenimento e alla promozione delle attività religiose e caritative della Chiesa Cattolica, riteniamo inaccettabile l’oscuramento della Dottrina Cattolica e di un giudizio chiaro su fatti e avvenimenti alla luce del Vangelo e del Magistero all’interno dei mezzi di comunicazione promossi dalla CEI.
Si vedono, si ascoltano, si leggono valutazioni che suscitano scandalo e smarrimento specialmente fra i piccoli, i fragili, i lontani.
Gli esempi, specie negli ultimi anni, si vanno infittendo in modo preoccupante. Ci limitiamo a citare due casi estremi, relativi al quotidiano “Avvenire”.
1) La rubrica “Tre mesi”, a firma di un sacerdote in evidente crisi di fede e di moralità, per un tempo intollerabile ha spacciato pensieri e atteggiamenti diametralmente opposti al Sesto e al Nono Comandamento, alla Castità, al duro monito evangelico contro chi scandalizza i piccoli, arrivando addirittura alla blasfemia nel giorno dell’Immacolata Concezione (v. 8/12/2017).
2) Il 24 gennaio 2018, in un articolo di critica cinematografica, viene promossa e lodata la sciagurata opera di un regista italiano dedicata a una relazione sodomitica fra un giovane e un minore, opera non a caso preselezionata per prestigiosi riconoscimenti da un sistema dello spettacolo succube all’omosessualismo imperante e votato alla distruzione dei valori più preziosi.
Ci addolora profondamente che un giornale un tempo guida e riferimento si sia ridotto a questo. La nostra coscienza si interroga se, versando l’ “8 per mille” alla CEI, insieme a opere necessarie e meritorie, non contribuiamo a sovvenzionare lo scandalo, il disorientamento, l’apostasia.
Siamo cattolici. La nostra Fede ci comanda la testimonianza nel solco sicuro dei Comandamenti, tutti; dei Precetti della Chiesa, tutti; delle Opere di Misericordia, tutte.
Esortiamo pertanto l’Eminenza Vostra, da cui dipendono anche i mezzi di comunicazione della Chiesa Cattolica italiana, ad agire con prudenza e sollecitudine correggendo, chiarendo, potando, coltivando, estirpando, affinché essi producano ciò per cui sono stati creati, l’informazione nella verità e la promozione della Fede Cattolica.

Sia invece il vostro parlare , ; no,no; il di più viene dal maligno.” (Mt 5, 37)


...Ma chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli che credono in me, meglio per lui sarebbe che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e fosse gettato in fondo al mare. Guai al mondo a causa degli scandali! perché è necessario che avvengano degli scandali; ma guai all'uomo per cui lo scandalo avviene!” (Mt 18, 6-7)